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Approfondimenti, Studi e Ricerche

Decreto Legge Balduzzi: ecco cosa cambia per la salute, la sicurezza e l’economia del Paese.

Posted: 21/09/2012 alle 1:28 pm   /   by   /   comments (0)

Il 13 settembre è stato approvato il Decreto Legge (D.L.) n. 158, detto Decretone Balduzzi. L’intento è quello di apportare modifiche ad alcuni aspetti della sanità. Essendo un D. L. avrà validità per 60 gg, durante i quali dovrà essere validato e/o  modificato dal Parlamento, o perderà efficacia.

Molti media ne hanno dato notizia, ancor prima della sua approvazione, pubblicizzando alcuni punti definiti “altamente innovativi”. Li vediamo  di seguito facendo una lettura comparata tra quanto approvato e valido ad oggi (ma non definitivo almeno finché non diverrà Legge) e quanto previsto nella prima stesura del decreto e diffuso dai media.

C’è da dire che avendo “bruciato” la notizia con la bozza provvisoria, quasi nessun media oggi parla del Decreto approvato, che ha rivisto molte delle misure previste in prima battuta e poi depotenziate. Pertanto possiamo dire che il pubblico sul Decreto ha ricevuto una notizia parziale ed errata. E questa, purtroppo, è un modo di procedere che induce un’opinione pubblica “orientata – pilotata” e, quindi, mal informata.

Ma andiamo per ordine e cominciamo ad esaminare gli articoli in base all’argomento di maggior interesse per il largo pubblico, quelli che intendono incidere sui cosiddetti stili di vita:

  • La  ludopatia  (il gioco d’azzardo compulsivo) all’art.5, si stabilisce che questa patologia viene inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Nei LEA sono ricomprese le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket. E ciò rappresenta, quindi, una garanzia affinché il cittadino possa trovare le cure adeguate alla patologia. 

Ma cosa si può fare per scoraggiare – limitare questa malattia sociale? In una prima stesura della norma si  era partiti col proposito di limitare i danni del gioco d’azzardo scoraggiando l’accessibilità delle sale giochi (videopoker, slot machine, bingo) soprattutto al pubblico giovane proibendone la presenza in prossimità di luoghi frequentati da ragazzi (scuole, chiese, etc). In corso d’opera si è passati dai 500 metri ai 200 m., e comunque  il limite era valido solo per le nuove installazioni.  Nella testo approvato, però, non c’è nessuna restrizione, nè menzione ad alcuna “distanza di sicurezza”. Ci si limita, all’art.7, comma 10, a prevedere controlli (5000 a campione, all’ anno) sugli esercizi dove sono istallati gli apparecchi (e/o viene svolta attività di scommessa) i quali siano “collocati in prossimità di istituti scolastici, di strutture sanitarie ed ospedaliere, di luoghi di culto” (art.7, comma 9).

I controlli saranno effettuati da: Agenzia delle dogane, SIAE, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza. All’esito di tali controlli sarà poi possibile la pianificazione di una “progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco”, ma, si precisa anche senza nessuna ambiguità che va anche “tenuto conto degli interessi pubblici di settore, ivi inclusi quelli connessi al consolidamento del relativo gettito erariale” (comma 10) .

Da chiarire che qui per “interessi pubblici” non si intende la salute delle persone ma il gettito erariale. In questo settore, infatti, c’è un interesse particolare e molto forte dello Stato (non inteso come pubblico interesse, però, cioè delle persone coinvolte). Infatti stando a qualche fonte giornalistica, (il Fatto Quotidiano on line https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/07/gioco-dazzardo-cento-guadagno-2011-stato-entrate-miliardi/195890/

del  7.marzo 2012)  “nel 2011 le entrate totali sul gioco d’azzardo hanno consentito allo Stato italiano di incassare 13,7 miliardi di euro con una crescita di oltre 1 miliardo di euro rispetto all’anno precedente che vale, in termini percentuali, un significativo +8,4% (ma si sale al 10,1 considerando solo le imposte indirette sulle lotterie, il gioco del Lotto e simili”. Si spiega così l’evidente depotenziamento della norma approvata (per’altro già debole anche in prima stesura).  E si evidenzia qui una contraddizione stridente tra il fine “salute” con il fine “interesse pubblico come gettito erariale”.

Problematica, ancora, l’interpretazione del comma 4 dello stesso art. 7 che recita “Sono vietati i messaggi pubblicitari concernenti il gioco con vincite in denaro nel corso di trasmissioni televisive o radiofoniche e di rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte principalmente ai giovani”. La domanda è: è vietata solo la pubblicità dei giochi? Oppure avrebbe un senso (leggendo letteralmente la norma) vietare anche molte trasmissioni che sono strutturate sul “gioco con vincite in denaro”? Se così fosse molte delle trasmissioni televisive “a premi” dovrebbero cambiare registro.

Al comma 5 si insiste molto (mezza pagina), invece, sull’obbligatorietà dell’informativa al pubblico sul “rischio di dipendenza dalla pratica di giochi(…) nonché le relative probabilità di vincita devono altresì figurare sulle schedine o sui tagliandi” e si dilunga sul come e dove dare tali informative. Quest’ultima prescrizione parrebbe più una modo per burocratizzare (lavandosi la coscienza) senza, però, disincentivare e danneggiare il business.

Ad ogni modo la decorrenza stabilita è il 1 gen. 2013, quindi dopo la scadenza dell’efficacia del Decreto che potrebbe anche essere, in teoria, annullato del tutto.

  • Fumo: si deduce dalla norma (art. 7, commi 1,2,3, che non recita in maniera esplicita “è fatto divieto”) che l’età per l’acquisto delle sigarette, è riservata solo alla maggiore età, mediante esibizione di documento di identità; la regola vale anche presso i  distributori automatici, che accerteranno “l’età mediante i sistemi di lettura automatica dei documenti”.

Ci si domanda: come si concilia questo con il diritto alla privacy? E cosa o chi impedirà  la possibilità di utilizzare documenti non propri per procurarsi le sigarette presso i distributori automatici? Nel Decreto sono stabilite anche le sanzioni pecuniarie (fino a 2.000 € per i recidivi e la sospensione per 3 mesi della licenza per l’attività), ma francamente riesce difficile immaginare come si possa fare un controllo sul rispetto reale di tale norma se non, forse, affidandosi a mezzi tipo videocamere di sorveglianza che registrino, però, anche il documento esibito dal cliente.  La decorrenza della norma anche qui è gennaio 2013.

Sull’argomento “divieto di fumo” negli anni si sono susseguite diverse disposizioni (dal 1977 in poi) ma in merito all’età “ Ad oggi, però, la normativa in vigore è ancora quella relativa al Regio decreto 2316 del 1934 che, all’art. 25, prevede il divieto di vendita e somministrazione di tabacco ai minori di 16 anni. Ma il quadro legislativo, sottolineano vari osservatori, dovrebbe essere modificato anche alla luce del fatto che nel 2008 l’Italia ha ratificato la Convenzione Quadro dell’Oms per il controllo del tabacco che, all’articolo 16, precisa che “ogni Paese è tenuto ad adottare misure legislative, esecutive e amministrative per vietare la vendita a chi non ha raggiunto l’età prevista nel diritto interno o fissata dalla legislazione nazionale, o l’età di diciotto anni”.

https://www.sanitaincifre.it/2011/10/fumo-in-italia-vizio-per-2-mln-ragazzi-vietare-la-vendita-agli-under-18/

E’ evidente che questo passaggio per il divieto ai minori quindi era praticamente obbligato.

I danni li conosciamo tutti:

 “ Il rapporto 2011 sul tabagismo stilato dal Ministero della Salute,  ricorda che ogni anno in Italia muoiono a causa del fumo dalle 70.000 alle 83.000 persone; tra loro una su quattro ha un’età compresa tra i 35 e i 65 anni. E il tabacco è una causa nota o probabile di almeno 25 malattie, tra cui broncopneumopatiecroniche ostruttive e patologie polmonari croniche, cancro del polmone e altre forme, cardiopatie, vasculopatie.

https://www.sanitaincifre.it/2012/01/danni-del-fumo-ministero-in-italia-una-strage-da-80-000-morti-l%E2%80%99anno/

Restano deboli i controlli e le sanzioni per far rispettare le leggi. Sarà perché anche in questo caso come per la ludopatia c’è un forte interesse dello Stato? Stando a fonti giornalistiche ogni anno dal settore del tabacco l’erario ricava 9,5 milioni di euro, e pare che negli ultimi dieci anni le entrate siano aumentate del 113%.

Alla luce di quanto detto si potrebbe affermare che si intravede un conflitto di interesse nella filigrana delle Leggi che vogliono promuovere stili di vita sani?

Per adesso ci fermiamo qui nell’esame punto per punto del Decreto. Continueremo con gli altri punti nella prossima uscita. Ma qualche altra considerazione va fatta sulla presentazione del Decreto. Il premier ha presentato il Decreto, in sede di conferenza stampa, dichiarando: “La salute è un vero e proprio asset produttivo del Paese”. Una affermazione che vuole lodare l’efficienza del sistema e che, detta da un economista, evidentemente, suona come un apprezzamento positivo. Ma riflettendo ci assale lo sconcerto che per deduzione logica consegue da tale frase: cosa accadrebbe qualora l’asset non fosse più produttivo? andrebbe “bonificato” riconvertito, o forse perfino smantellato, come una qualsiasi azienda decotta?

Se è un business va trattato come tutti i business. Peccato però che la Salute (con la S maiuscola) del Servizio Pubblico (maiuscolo… e su questo torneremo in seguito) non è un business, e può anche accadere che non risulti necessariamente produttivo. Può accadere che anche eliminando ogni spreco, ed ogni ridondanza, resti un servizio particolarmente delicato e può anche essere costoso.

Ma lo scopo, la mission, della sanità pubblica non è fare utili o produrre servizi spendibili sul mercato, ma FARE SALUTE. Ed anche  qualora il fare salute si rivelasse poco redditizio, il sistema pubblico deve garantirlo. Non è né buonismo né assistenzialismo. L’art. 32 della Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

Diciamolo chiaro una volta per tutte: eliminare gli sprechi va bene, ma un approccio economico – aziendalistico alla salute non è corretto perché produce dapprima fraintendimenti e poi danni irreversibili alla collettività.  

Se la sanità perde la sua mission di fare salute e diventa un business può accadere che possiamo  anche curare la ludopatia e il tabagismo ma poi è bene che i ludopatici restino attaccati alle slot machine e i fumatori alle sigarette per garantire gettito erariale.

Poi più avanti (ma non tanto) chi potrà pagarsi le cure, bene.  Il resto si arrangi, magari con le opere pie. La ricetta affinché l’asset resti produttivo è servita.