InformApp
La pressione della tecnologia e del mondo digitale
Si fa un gran parlare di resilienza come di quella capacità di resistere agli urti, traumi, e di adattarsi alle avversità, trovando le energie per elaborare le difficoltà con spirito positivo. Ed è un concetto virtuoso ed anche “gradevole”. Ma al di là del significato letterale (e psicologico) il termine viene più spesso usato come sinonimo di adattamento che non è sempre un fatto positivo dato che ci si può adattare, accentandolo, anche l’errore o l’orrore.
La resistenza, invece, ha un suono forse meno gradevole perché più duro, meno “flessibile” ma talvolta più necessario della resilienza. E’ un’azione che ci fa impegnare più energie e forza per opporci a quello che proprio non può essere accettato o non vogliamo avallare. Non a caso i partigiani hanno fatto la “resistenza”.
Senza voler essere blasfemi ma anche la quarta rivoluzione è una specie di guerra combattuta con armi molto speciali e soprattutto tra competitor non palesi, spesso indecifrabili e perlopiù “falsi amici”.
Così chi sceglie di fare un uso consapevole e responsabile della tecnologia, ad esempio, si trova a dover fare una dura lotta per resistere a questa onda che ci travolge nella quasi totale nostra accettazione più o meno consapevole.
Certamente molte cose non possiamo che subirle, senza poterle scegliere (come rottamare il vecchio apparecchio TV, il PC o il sistema operativo che vanno in obsolescenza, ad esempio); altre cose le scegliamo noi ed anzi le ricerchiamo: il nuovissimo tipo di smartphone, la partecipazione attiva ai social, le mille APP anche per funzioni inutili, l’auto tecnologica sempre connessa, ecc.
Inoltre, senza averne le competenze, ma solo perché con un “click” è tutto facile, si pretende di esercitare funzioni molto specifiche, da quelle bancarie (anche il trading on line), all’auto organizzazione di viaggi complessi e rischiosi, fidandosi di vari siti web, e via così.
E così si assiste ad uno strano paradosso: chi vuole semplicemente scegliere cosa fare o non fare in questo campo perché vuole avere la possibilità di scegliere senza farsi soggiogare ed imporre nulla, si trova a dover fare una strenua resistenza ai condizionamenti. E si badi bene, la pressione è anche psicologica e viene anche da persone non interessate a questo o quel business, ma da amici, conoscenti, colleghi che si scandalizzano di questo comportamento che se non si è molto anziani o incapaci, è percepito come strano, originale, al limite della stravaganza o peggio.
Alle osservazioni sul rischio che si corre con i big data, dell’uso improprio che fanno i colossi del web con i nostri dati e relativa privacy (anche dopo diversi scandali, Cambridge analytica ed altri) si risponde che “ma è tutto gratis…”, “è comodo, ci si semplifica la vita…”, e comunque “non si può fermare il progresso”.
Ma davvero è tutto gratis? La comodità di un click è anche una garanzia? Affidarsi alle auto senza conducente o a robot infermieri è progresso?
E’ vero: il singolo non può fermare questa corsa, ma gli sarà almeno consentito astenersene? Quando questo “progresso” si sarà imposto, si potrà ancora scegliere se essere curati da un medico e da un infermiere in carne ed ossa? Invece di un’ accettazione acritica all’omologazione meglio farsi qualche domanda finché si è in tempo, e combattere per avere diritto di scelta, sempre.