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Ricerca, Salute

Tumore al colon retto: è Italiano il progetto per la diagnosi precoce al vertice dell’eccellenza europea

Posted: 11/05/2015 alle 6:03 pm   /   by   /   comments (0)

ULTRAPLACAD è l’acronimo di un ambizioso progetto guidato dal Consorzio Interuniversitario “Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi” (INBB), che significa Dispositivi Plasmonici Ultrasensibili per la Diagnosi Precoce del Cancro. Il progetto, che coinvolgerà per una durata di 42 mesi 13 soggetti fra università e centri di ricerca, ospedali e aziende del settore e sarà coordinato dall’Università di Catania, aderente all’INBB, è risultato il più innovativo ed interessante nell’ambito del piano di finanziamento della ricerca Horizon 2020 finanziato dalla Commissione Europea che lo ha collocato al primo posto tra le 462 richieste di finanziamento ricevute da tutta Europa nel settore dei dispositivi diagnostici e ulteriormente al primo posto fra i nove progetti ammessi al finanziamento su una dotazione complessiva di oltre 48 milioni di € di cui fino ad un massimo di 6 milioni (cioè il 12,5% della dotazione totale affidati a questo progetto Italiano).
ULTRAPLACAD metterà a punto un nuovo metodo di analisi in grado di verificare la presenza di alcune molecole associate al tumore del colon retto direttamente dal sangue di pazienti, senza dover far più ricorso ai complessi, invasivi e fastidiosi metodi oggi utilizzati che richiedono biopsie per l’asportazione di parte dei tessuti da analizzare. Con i metodi che verranno messi a punto da ULTRAPLACAD – che ha come obiettivo nei suoi tre anni e mezzo di attività di arrivare alla sperimentazione in una struttura ospedaliera (l’Istituto per i Tumori Regina Elena di Roma) dei nuovi sistemi di diagnostica che saranno così pronti per la successiva fase di estensione nei protocolli medici – sarà possibile effettuare le diagnosi semplicemente usando pochi millilitri di sangue prelevato dal paziente ed eliminare in molti casi l’invasiva e dolorosa indagine della colonscopia con evidenti benefici.

Questi, oltre che relativi alla qualità della vita dei pazienti, riguardano una maggior tempestività della diagnosi (e quindi sul possibile esito del decorso della malattia di quello che oggi è il secondo tipo di tumore per diffusione e per mortalità, con una ripartizione in termini di incidenza e di esito sfavorevole del tutto sovrapponibile fra i due sessi), un miglioramento di tutte le attività di follow up clinico nelle fasi post operatorie e, non da ultimo, una riduzione dei costi medici derivante dalla riduzione del numero delle colonscopie che – si ricorda – oggi sono l’unica metodica sia nella fase di diagnosi che di controllo post operatorio o di trattamento farmacologico.
Il progetto ULTRAPLACAD combina e sfrutta le nuove possibilità offerte da forme avanzate di nanotecnologie con metodiche e conoscenze che consentono di mettere a punto metodi di analisi biochimiche in grado di operare con altissima sensibilità e su materiali biologici e cellulari presenti in concentrazioni bassissime. In questo senso – così come ha riconosciuto l’Unione Europea nel definire i criteri di fondo del bando Horizon 2020 – si persegue la strada di una medicina non solo sempre più spostata sulla diagnostica precoce e sulla possibilità di lavorare per screening economici e poco invasivi ma anche fortemente personalizzabile, diventando un potente strumento di influenza e qualità a livello sociale nel trattamento delle malattie.

Il Professor Giovanni Antonini ordinario di biochimica a Roma Tre e presidente del Consorzio INBB ha commentato che “ULTRAPACAD ha incontrato esattamente i criteri e gli standard di Horizon 2020, il più importante programma di finanziamento mai realizzato a livello mondiale, che vede i due asset principali nella possibilità di industrializzare le migliori attività di ricerca e di incidere positivamente nella vita della comunità, toccando prima l’ambiente scientifico attraverso la qualità e l’innovazione della ricerca e poi arrivando a generare vantaggi concreti per i cittadini”.
Il coordinatore del progetto, il professore Giuseppe Spoto, docente presso il Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università etnea e responsabile dell’Unità di Catania nel Consorzio INBB continua “il nostro progetto ha ottenuto la massima valutazione possibile perché realizza una grande innovazione la cui applicabilità è immediata e inciderà notevolmente sul lavoro dei medici e sulla vita dei pazienti”. “È per me – ha continuato il professor Spoto – un grandissimo onore e, consentitemi, una grande soddisfazione per un gruppo di ricerca che opera in una delle regioni del sud Italia e del sud Europa, più spesso nota per i suoi insuccessi che per i suoi successi in questi ambiti”
I finanziamenti concessi, che per il 29% andranno alle realtà italiane coinvolte nel progetto (oltre al Consorzio INBB anche l’Università di Ferrara, l’Istituto nazionale per i tumori Regina Elena di Roma e un’azienda siciliana specializzata in nanotecnologie, la Scriba Nanotecnologie) sono mirati al pagamento del personale di ricerca e ai costi di infrastrutture e sono quindi una concreta possibilità di stabilizzazione nel medio periodo di personale di ricerca, oltre che un’opportunità per nuove assunzioni nei confronti di un capitale come quello umano troppo spesso costretto all’emigrazione.
Il Dottor Pietro Ragni, Direttore del Consorzio INBB ha dichiarato: “questo successo arriva nel momento in cui INBB si appresta a celebrare il suo primo ventennale di attività ed è un’ulteriore dimostrazione del valore e della massa critica raggiunti in settori di avanguardia quali i biosensori per la salute e l’ambiente. È per noi un nuovo punto di partenza verso futuri sviluppi del Consorzio e un riconoscimento del nostro impegno a favorire il rapporto fra le università consorziate con le imprese e con i network europei per ottenere risultati concreti nell’interesse dei cittadini”.