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Prevenzione

Potresti avere l’Alzheimer? Te lo dice un test: la prevenzione diminuisce il rischio

Posted: 08/09/2015 alle 3:18 pm   /   by   /   comments (0)

Solo in Italia ad esserne colpito è circa il 6% della popolazione over 65. Ma le cifre sono destinate a salire ancora, sia in Italia che nel mondo: è stato stimato, infatti, che nel 2030 i malati in Europa saranno ben oltre i 65 milioni e nel 2050 saliranno a 115 milioni.
Stiamo parlando dell’Alzheimer, una patologia che attualmente rappresenta un’emergenza sanitaria che coinvolge tutta l’Europa.
Delle cure definitive per metterla sotto scacco ancora non esistono, ma delle armi per combatterla sì, tra cui soprattutto la prevenzione. Tramite dei test genetici, inoltre, oggi è possibile conoscere il proprio grado di predisposizione che si ha nello sviluppare questa e diversi altri tipi di malattie neurovascolari.

«Conoscere il proprio grado di predisposizione genetica non è una macabra curiosità di ciò che ci attende- commenta il dottor Samorindo Peci, endocrinologo e Direttore scientifico del Centro di Ricerca e Formazione Scientifica Cerifos- ma un’informazione utilissima per giocare d’anticipo e, eventualmente, attivare un piano alimentare su misura, facendo piccole modifiche sullo stile di vita».

È stato dimostrato infatti che sia l’alimentazione, che determinate abitudini sono in grado di incidere a tal punto da allontanare i tempi di manifestazione della malattia o evitarla completamente. I test da effettuare sono l’ACT, APOE, il -1b, -10, VEGR, HMGCR e Il C4D, il test clinico che permette di misurare la quantità di rame libero in circolo nel sangue, associato al rischio di sviluppare la malattia.

«Il test C4D funziona in modo molto semplice: una sonda fluorescente a spegnimento emette un segnale che viene quantificato da un lettore; quando lega il rame cambia di conformazione interrompendo il segnale. Il cambiamento di emissione viene letto dal lettore di fluorescenza ed è proporzionale alla quantità di rame Non-ceruloplasminico presente nel campione»  conclude il dottor Peci.  «Conoscere il proprio grado di predisposizione genetica può essere ancora più prezioso per i familiari di un malato di Alzheimer che vivono nel terrore di una familiarità che li porterebbe a vivere in prima persona quello che vedono svilupparsi giorno dopo giorno nel loro congiunto».

Federica Sciacca – Giornalista