Newsletter subscribe

Approfondimenti, Salute

Le linee guida: ci sta la tua salute in una App?

Posted: 12/12/2015 alle 9:00 am   /   by   /   comments (0)

Nelle scorse settimane la commissione affari sociali della camera ha approvato  una nuova legge sulla responsabilità professionale dei medici che, nelle intenzioni del Ministro Lorenzin, è una svolta nella lotta alla medicina difensiva.

Come si legge nel comunicato stampa “il medico non sarà più responsabile neppure per colpa grave se rispetta le linee guida”.

Concordando sul fatto che la medicina difensiva è un problema cui porre rimedio, così come lo sono le richieste talvolta  incongrue anche da parte di pazienti magari consigliati da avvocati spregiudicati, tuttavia la soluzione prospettata dalla Lorenzin sulle linee guida lascia alquanto perplessi.

Diversi i motivi. Il primo è quello che questa impostazione  trasforma “le linee guida” in “dictat” dal valore assoluto; in realtà per definizione una linea guida non deve essere rigida, essa è più che altro un “suggerimento” che viene anche da esperienze di buone pratiche o di “evidence medicine”, cioè pratiche basate sull’evidenza che si rifanno ad una casistica abbastanza estesa. Pertanto trasformare una linea guida in una legge granitica è una prima contraddizione.

L’altro motivo è il ragionamento che si intravede, cioè secondo la legge un medico non è responsabile se dimostra di aver seguito una “linea guida”. Ma se è possibile che in taluni casi può condurre a danni gravi o persino alla morte del paziente, allora è una contraddizione. Cioè aver seguito la linea guida assolve automaticamente il medico anche se il paziente muore? E allora la domanda è: la linea guida non ha contemplato tutti i casi? Oppure era errata? Oppure la diagnosi non era corretta? E poi ancora altre domande: dove mettiamo la variabilità del singolo caso? E che ne è dell’individualità dell’essere umano unico e irripetibile?

Sull’altare della scientificità della medicina abbiamo già sacrificato molto in nome della statistica e ora se così fosse ci appresteremmo a fare un altro passo, forse l’ultimo, cioè la concezione dell’individuo come “prodotto in serie” e quindi macchina.

Infatti è proprio qui il punto: la trasformazione dell’uomo in una macchina, sia esso uomo – paziente che ha il pezzo guasto da riparare, sia esso uomo – medico che quel pezzo ripara, magari collegandosi con un computer.

Ritengo che così facendo, cioè con una applicazione meccanica delle linee guida, si porta a compimento la “meccanizzazione” del rapporto tra paziente e medico di cui già ne vediamo e lamentiamo gli effetti quando parliamo di umanizzazione della medicina.

Poi se volessimo spingerci oltre (ma neanche tanto, dato che siamo già a buon punto su questa strada) si potrebbe immaginare addirittura una app. Ce ne sono già tante che controllano peso, alimentazione, battito cardiaco, c’è persino un radar che a distanza controlla la temperatura corporea.

Pertanto non sarà tra molto che si potrà pensare ad una App nella quale immettere dati di esami, analisi, esiti radiografici, ecc e poi riceve un output con una diagnosi pronta all’uso. A qual punto il computer stesso inserisce le linee guida e il gioco è fatto. Hai diagnosi, prognosi, prescrizione e magari anche intervento chirurgico che se del caso sarà ovviamente  un robot intelligente programmato per operare su varie patologie.

E’ uno scenario così lontano dalla realtà che viviamo? Non sono già reali molte delle cose descritte? E però dovremmo chiederci dove sono l’umanità, la sofferenza anche quella interiore? E dov’è il dubbio, il caso raro, l’imprevisto?

E quindi dimentichiamo ogni riferimento al ruolo della comunicazione tra individui, tra due anime che seppure in posizioni diverse vivono comunque insieme un’esperienza di dolore. Perché sì, anche il professionista in qualche modo partecipa di questo dolore e magari nutre la speranza e l’emozione per aver avuto l’intuizione giusta e aver raggiunto il successo sperato.

E poi dovremmo dimenticare anche il potere dell’atto del conforto che ha una forza terapeutica enorme anche davanti all’impotenza della medicina.

No, se siamo solo macchine dovremo dimenticare tutto questo e affidarci solo ad una App.