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Approfondimenti

Biologico, vegano, vegetariano: solo moda o necessità

Posted: 11/08/2015 alle 8:33 am   /   by   /   comments (0)

Nelle vetrine di negozi alimentari e tra i banchi dei supermercati sempre più frequentemente troviamo un angolo dedicato ad alimenti bio con la classica icona della fogliolina verde. Moda? Nuova sensibilità? Fetta di mercato da colonizzare? Riscoperta di un’esigenza naturista? Lecito porsi tutte queste domande.

Il cibo e l’alimentazione sono tanto importanti da identificare una nazione, la sua cultura, le sue tradizioni e i costumi, fino a diventare vere e proprie icone di un popolo. Si pensi alla pizza per gli italiani, al riso per i cinesi, o al the per i giapponesi che ne osservano anche un vero e proprio rito.

Ma il cibo è una componente essenziale anche alla vita (impossibile vivere senza alimentarsi) e delle abitudini quotidiane (la giornata scandita dagli orari dei pasti). E l’alimentazione è il frutto anche di cultura e momenti particolari della storia umana e in quanto tale subisce anche evoluzioni e condizionamenti. In particolare nelle culture occidentali una quantità di fattori dovuti a industrializzazione, urbanizzazione, consumismo, grande distribuzione, e da ultimo la globalizzazione, hanno impresso modifiche sostanziali ai modelli di comportamento alimentare. Si pensi ai fast food, ai pasti consumati nelle “pause pranzo”, agli alimenti pronti e industriali degli ipermercati. Anche da ciò deriva un grande consumo “inconsapevole” di zuccheri, grassi, e additivi vari che assumiamo con questi alimenti, meglio descritti con la parola junk food e di conseguenza l’impennata di malattie connesse: diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, e via così.

A fronte di tutto ciò, complice anche la sempre maggiore capacità di auto informazione e sensibilità derivanti da una accresciuta consapevolezza ecologica e ambientale si vanno affermando anche “culture alimentari” che riscoprono o “inventano” anche nuovi modi di alimentarsi e perfino di produrre e auto-produrre ciò che si mangia. In questo ambito si distinguono soprattutto quelle comunità che si riconoscono e tendono a strutturarsi anche in organizzazioni abitative e di vita che privilegiano la vita “salutare” in campagna, come gli “eco villaggi” e i “cohousing”. Ma si diffondono anche l’orto sul terrazzo in città, i giardini verticali nelle metropoli, insomma una cultura “verde” di cui circondarsi oltre che alimentarsi.

Ed entrano nel lessico comune anche termini quali: vegetariano, vegano, gluten free, macrobiotico, intolleranza alimentare, biologico ecc. Del settore “bio” le statistiche raccontano che non ha conosciuto crisi, anzi pare sia in continua e costante crescita. Allo steso tempo però la correttezza dell’uso di termini e concetti pare sia affidata a pochi, “addetti ai lavori” e non, con non poche confusioni, inesattezze e “impreparazioni” di chi ancora non ne ha acquisito piena competenza. Così può capitare che in un bar ti propongono una torta vegana solo perché confezionata senza uova, oppure trovare imbarazzo e spaesamento tra il personale di cucina di un ristorante per la richiesta di un pasto vegano, anche se avvertito per tempo e che null’altro ha saputo proporre oltre un passato di verdura e un’insalata, quasi che senza carne o pesce un pasto vero “non può reggere”.

Scelta etica quella di non magiare animali, ma anche attenzione all’impronta ecologica dato che alimentarsi di animali e alimentare una quantità enorme di animali a scopi industriali, costa molto al pianeta. Si pensi che il consumo di acqua necessaria per produrre un kg di carne di manzo è pari a 15.400 litri, contro i 200 necessari per i pomodori (fonte wikipedia).

Quando ci avviciniamo ad un banco frigo o cuciniamo le pietanze da mettere in tavola dovremmo abituarci a pensare che stiamo compiendo un atto che impegna seriamente la nostra salute e quella di un intero pianeta.