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Corpometraggi, Rubriche

A proposito di uomini, poltruomini e corpi in disuso

Posted: 27/06/2011 alle 4:31 pm   /   by   /   comments (0)

“Quando mi metto seduto a scrivere, sono uscito dal circuito. Non sono più nello schema dell’assuefazione, sono semplicemente lì, in questa gelida notte senza luna, da solo ma non mi sento solo. C’è il silenzio, appena il leggero rumore del pennino. Non sono sparpagliato qua e là per la rete, non sono in collegamento ma in raccoglimento. Non rispondo direttamente, ma pondero indirettamente e generando, da anima ad anima, l’immagine del destinatario.”
– James Hillman –

La mediazione tecnologica che ha portato tanti vantaggi all’uomo contemporaneo e gli fa guadagnare tanto tempo, non ha forse fatto tanto bene al suo corpo: lo ha reso meno indispensabile, ne ha consentito una certa elusione. La tecnologia mentre ci collega agli altri e al mondo, nello stesso tempo ce ne isola. Avendo infatti tutto a casa, non c’è più bisogno di andare fisicamente nel mondo. Sullo schermo del computer abbiamo il cinema e la sala-giochi, la musica, ogni tipo di consulenza, ogni tipo di incontro, professionale, amicale, sentimentale, semplicemente tutto. Non c’è più bisogno di uscire: che ne è della nostra fisicità, del nostro corpo? I mitici luoghi d’incontro reale, la piazzetta, il muretto, lo struscio, le vasche sono sempre più sostituiti dai loro corrispettivi virtuali. Non c’è più bisogno del nostro corpo per andare agli incontri, il nostro corpo non va più ad abitare il mondo. Si tratta ormai di un corpo stabilmente in poltrona: ci stiamo tutti trasformando in personaggi mitologici, metà uomini e metà poltrone, i poltruomini.

I poltruomini sempre più avranno teste grandi (non grandi teste) e corpi sempre più minuti, atrofizzati dal disuso. Siamo sempre connessi all’Altro, ma anche l’Altro è un altro mediato dalla tecnologia, senza corpo .Ci stiamo così disabituando alla persona fisica dell’altro reale che, se per caso ci capitasse, lo considereremmo un imprevisto, un incidente: una citofonata ci fa sobbalzare, chi mai sarà a quest’ora? Ci stiamo disabituando all’incontro reale, oramai sappiamo comunicare solo mediante. Se tendiamo ad avere sempre meno corpo, diventerà meno importante anche rispondere alle Domande (politiche?) del Corpo, edificare una realtà attorno a misura del corpo, rispettosa del corpo. Avranno facile gioco quegli amministratori che sempre più tolgono spazio al corpo, al movimento, all’esercizio fisico: ci sarà sempre meno verde, i marciapiedi saranno sempre più stretti, le case avranno soffitti sempre più bassi. Finirà che il Corpo ed il Movimento saranno relegati in luoghi e tempi speciali, riservati a pochi professionisti, e noi potremo al massimo essere spettatori paganti del loro Corpo e del loro movimento. Fuori di lì, il Corpo non sarà consentito, sarà un’istanza insurrezionale, da reprimere.

Si tratta di estremizzazioni e paradossi, ma è certo che l’elusione, la negazione del corpo, il suo confinamento, preparano sempre il campo a scenari in qualche modo  disumani. La nostra vita si fa quindi maleducata, in una barriera che separa e isola gli individui, rendendoli incapaci di cogliere il senso dell’esistenza e della presenza degli altri. È come una relazione interrotta, un’amputazione sinistra di normali sentimenti e legami, una sospensione del patto di convivenza. Con tanti ‘piccoli’ gesti espliciti di barbarie, partecipiamo tutti attivamente all’inselvaggimento della vita sociale, al deliberato atto di separazione degli esseri umani, a ‘piccole’ quotidiane manifestazioni di disumanità che riguardano e degradano tutti. La tecnica ha trasformato il mondo in un fazzoletto di terra, e ciononostante, in questo piccolo fazzoletto di terra, ci smarriamo come mai ci siamo smarriti nella nostra storia. Ci crediamo più intelligenti, ed invece siamo solo più “impressionati”, come una pellicola fotografica, con una tempesta di informazioni–merce, che annulla ogni riservatezza e ogni preziosità di spazio e di tempo, insidia tradizioni e distrugge differenze, impedisce sedimentazione di verità ad ogni esperienza, e sottrae rivelazione e magia ad ogni sguardo.

 

Dott. Catello Parmentola
Psicologo-Psicoterapeuta, è Dirigente Psicologo presso l’ASL di Salerno.
Docente presso l’Istituto Italiano di Psicoterapia Relazionale, è membro dell’Osservatorio Deontologico del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi.
Autore di molte pubblicazioni, dirige dal 1997 la Collana di Scienze Umane della Plectica Editrice.